
Ritrovarmi seduta dentro il vagone di un treno sta diventando ultimamente una piacevole ricorrenza. Lo è stato lo scorso fine settimana, quando un intercity (per la verità un po’ troppo polveroso) ci ha portato fino al mare. Lo è ancora di più quando viaggio su moderni treni alla volta di destinazioni nuove, iniziando a immaginare la mia meta sin dal primo istante di movimento, quando il treno procede ancora lento e incerto lungo il binario protetto dal grande padiglione della stazione centrale di Milano.
Complici le montagne e la linea 3G che va e viene riesco a staccare da tutto, a immergermi nel libro che troppe volte la sera abbandono sul comodino dopo averlo sfogliato svogliatamente, a guardare fuori alla ricerca dei campanili che piacciono tanto a minichef, persino a mettermi lo smalto (se non ci sono troppi passeggeri cui potrei dare fastidio!).
Se guardo indietro, in effetti, riesco a ritrovare tanti momenti della mia vita in cui i viaggi in treno sono stati importanti. Due anni fa un TGV carico di bagagli mi ha riportato da Parigi in Italia con un pancione gigante e tante domande sul futuro della nostra famiglia e della nostra vita. In treno raggiungevo i nonni in Sicilia per le vacanze estive e quei viaggi, a sette-otto anni, mi sembravano interminabili ed estenuanti. Probabilmente lo erano più per mia mamma che ci accompagnava e che doveva intrattenere me e i miei fratelli per almeno otto ore, inclusa una traghettata sullo Stretto.