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lunedì 10 novembre 2014

Le parole del vino, quelle che vorrei.


Qualche settimana fa sono andata in Friuli per seguire Ein Prosit, una manifestazione dedicata, come suggerisce il nome stesso, al vino e all’universo di produttori, cantine e persone di quel territorio, ricco di scoperte. Ma non è di questo che voglio parlarvi, non oggi.

Più volte nei due giorni friulani - nel bel mezzo di un incontro, una degustazione o semplicemente durante un pranzo – ho pensato a quanto siano importanti le parole scelte per comunicare il vino. Non semplice accessorio per una descrizione, ma cruciale strumento per veicolare conoscenza, passione, storia.
Diciamoci però la verità, quanto spesso sentendo parlare di vino ci limitiamo ad annuire a chi riteniamo più esperto di noi, per timore di una brutta figura o di non aver compreso realmente il contenuto del nostro calice? Se non vi è mai capitato, complimenti vivissimi. 

Più di una volta mi sono trovata ad ascoltare, con un contemporaneo senso di ammirazione e inadeguatezza, discorsi su sentori di tabacco e sottobosco, tannini, acidità, foglia di pomodoro. E come dimenticare la mitica fermentazione malolattica?