Ieri sera ho spento una candelina rosa su una torta che fino a pochi minuti prima di soffiare non esisteva e che aveva preso forma nei miei pensieri e intenti culinari solo qualche ora prima.
In effetti, per il mio trentaquattresimo compleanno mi sono regalata calma e una certa dose d’improvvisazione che si è immediatamente riflessa sulla scelta della torta.
Ho preparato la base (una classica Victoria Sponge alla vaniglia) la sera prima, nell’unico rituale compleannoso consolidato da qualche anno. Il gancio del robot, che mescola gli ingredienti e produce sulle pareti della ciotola un suono pacato e costante, è una piacevole compagnia anche nelle serate della nuova cucina, così come lo è stato in tutte le altre. Sfornata la torta, però, sono andata a letto senza sapere come farcirla.
L’ho deciso solo alla fine di venerdì, dopo una giornata trascorsa velocemente, tra i tanti impegni quotidiani. Il lavoro al computer, un giro al brico (tappa obbligatoria per chiunque traslochi, vero?), la festa di Halloween a scuola di minichef, un salto al supermercato perché il latte qui finisce sempre troppo in fretta! L’idea per la mia torta di compleanno è nata così, tra gli scaffali di un’esselunga: lamponi, panna e gelato alla crema che finiscono nel sacchetto della spesa con la velocità che ha contraddistinto l’anno appena finito.