giovedì 27 maggio 2010

Purè di Vitelotte anti grigiore

Uffa, mi devo rassegnare al tempo volubile che un giorno mi costringe a uscire di casa in infradito, munita di ventaglio per sopravvivere all'afa, e quello dopo si diverte a sorprendermi con temporali a intervalli (che arrivano esclusivamente quando sei fuori casa, possibilmente senza ombrello) e una gentile brezza polare. Ci vuole infinita pazienza e un armadio pronto a rispondere in ogni momento alle mutevoli esigenze climatiche. Come se non bastasse poi il mio stomaco meteoropatico passa dal desiderare granita e brioche seduta a un baretto vista mare, alle visioni di brasato con polenta in una bella baita montanara.
Da due giorni piove incessantemente quindi l'oscillometro indica stabilmente brasato :-) Il tempo di avviarlo non c'è, sinceramente la voglia di cucinare neppure. Che fare allora? Per me la soluzione è domandare con voce dolce e sorriso smagliante al proprio cuisinier: «Mi fai il purè di vitelotte?». Il purè è di suo una bella coccola e un ottimo antidoto al cattivo umore, quello di patate vitelotte bello colorato di viola è per me il top, la trovata colora-piatto in una giornata uggiosa.

Intendiamoci, non sono sempre stata così precisa nell'esprimere richieste culinarie, della vitelotte ho scoperto l'esistenza dopo l'arrivo in Francia quando al primo giro al marché mi sono imbattuta nel Bar à Patates che poi è diventato tappa fissa nel giro settimanale di compere. Quintali di patate di varietà mai sentite nominare, di diverse forme e dimensioni, accuratamente disposte e pronte a rispondere a tutte le esigenze. Insomma una patata per ogni stagione e per ogni ricetta.

Ho capito che la faccenda delle patate qui era molto seria la prima volta che, al momento di fare la lista della spesa, si è prodotto il seguente dialogo (con me nella parte di quella con foglio e penna in mano incaricata degli acquisti):

- lui: «Allora domani prendi per favore mezzo chilo di vitelotte, due chili di bintje e se ci sono anche delle charlotte, fai tu la quantità»

- lei: «ehhhhhh!?! 'bingie' con una o due G? e poi...che sono? mele o cosa? »

Dopo un annetto la situazione è migliorata, ho imparato come si scrivono tutti questi nomi e anche (più o meno...) ad associarli alla giusta patata senza aiuti (a leggere i cartellini sono bravi tutti). A questo tubero va riconosciuto inoltre il merito di essere il perfetto alleato in cucina, pronto a mille interpretazioni e raramente deludente le aspettative. La vitelotte in questione è perfetta fritta (le chips di vitelotte sono da brodo di giuggiole) o bollita per il purè. Stavolta dunque abbiamo portato in tavola puré di vitelotte...e domani?

Puré di Vitelotte

lunedì 24 maggio 2010

A lezione di té giapponese

Ritornando a un argomento al quale accennavo in uno dei primi post, essere la Femme du Chef ha tanti vantaggi, non solo culinari. Anzi credo che il più importante benefit sia di tipo culturale. Condividere la passione del mio cuisinier mi ha portato infatti giorno dopo giorno a diventare per osmosi un'incredibile curiosona (lo ammetto, le basi c'erano già) nei confronti di tutto ciò che riguarda il mondo della cucina.

Con questo spirito di scoperta e sperimentazione sono andata qualche giorno fa a lezione di té giapponese. Complice una città che offre infinite ed esotiche possibilità di apprendimento, ho messo il taccuino e la macchina fotografica in borsa e mi sono diretta alla Maison Jugetsudo con l'intenzione di scoprire l'arte e i segreti del té.

Confesso un po' di dubbi iniziali legati, in particolare, al sapore spesso ferroso del té verde ma davanti alle conclamate virtù benefiche (e drenanti) del té verde non ho potuto opporre resistenza...dovevo saperne di più. Ho fatto bene a non demordere: in un'ora e mezza di lezione ho imparato molto su quest'antica arte nipponica, ho bevuto dell'ottimo té e soprattutto ho capito quali errori evitare per gustarlo al meglio anche a casa.

Lezione numero uno: rispettare ASSOLUTAMENTE tempi e temperature d'infusione solitamente indicati sulle confezioni. Come le bellissime donne in kimono, dalla pelle trasparente e perfetta e i movimenti leggiadri, le foglie di té verde sono delicatissime e aggredirle con acqua ad altissima temperatura ne rovina l'aroma perché, di fatto, le brucia. Meglio quindi riscaldare la teiera vuota con l'acqua bollente e aggiungere le foglie di té solo quando l'acqua è scesa di temperatura (vedere compiere questo rituale alle maestre è stato veramente ammaliante, praticamente ipnotico... ma del resto loro l'hanno nel DNA e alla genetica non ci si oppone).

Lezione (inaspettata) numero due: le foglie di té sono riciclabili!!! Il tè si può usare fino a tre infusioni. Ovviamente alla prima il gusto sarà più forte, nelle successive dato che le foglie saranno già aperte non è necessario lasciarle troppo in infusione.

Varie ed eventuali (sempre in chiave riciclo): le foglie della varietà Gyokuro, la più preziosa, sono buone! Dopo averle usate per la preparazione del té possono essere mangiate nature o con un po' di soia, o aggiunte alle insalate. Credo che tenterò l'esperimento culinario anche con altre varietà.

In materia ci sarebbe da dire moooooltissimo perché è un po' come cercare di capire il vino... all'inizio una gran confusione ma poco alla volta si mettono insieme i pezzi e si comincia a comprenderne un po' di più e ad apprezzare la materia. Tornata a casa, con un'inevitabile scorta di té verde, ho cominciato a rimurginare. Ok bere sano, ma non vorremo mica farci mancare un degno accompagnamento da sgranocchiare sorseggiando una tazza di té? Non è stato facile perché anche integrare il té verde in un dolce richiede attenzione ed equilibrio assoluto. Dopo alcune prove e diversi assaggi improbabili, il consiglio familiare ha approvato questi biscottini al té Matcha (quello in polvere che è più comodo da usare per le preparazioni di pasticceria).

Frollini al Té verde

mercoledì 19 maggio 2010

Una bella famiglia

Sono giorni densi d'impegni, più o meno interessanti e piacevoli, che mi hanno tenuto lontana dalla tastiera e dai fornelli, binomio che ultimamente associo sempre più volentieri. Le mie giornate però le trascorro spesso altrove, fuori dalle mura domestiche e lontana dalla cucina che, pur essendo il mio luogo d'elezione nel piccolo appartamento parigino, rimane pur sempre il regno di mio marito (altrimenti che "Femme du Chef" sarei?!?) Insomma, questa settimana mi sono data alle mostre, alle passeggiate in parti nuove della Ville Lumière e a qualche esperimento cultural-culinario di cui prometto di scrivere a breve. Il 'la' (o la scusa) a tutto ciò mi è stato dato dalla visita di mia suocera... e qui scatta la riflessione di oggi.

La lingua francese ha a mio giudizio le parole più belle per esprimere i rapporti di parentela acquisiti. Lontani dalle formalità inglesi per cui una persona è definita "per legge" (in law) madre, padre, fratello, figlia ecc o dalle italiche definizioni di suocera/o, nuora/genero, cognata/o la cui etimologia esatta mi sfugge (anzi se qualcuno potesse fare luce in tal senso ne sarei contenta), i cugini d'Oltralpe rivestono di affetto e delicatezza queste semplici parole. Ogni persona diventa belle o beau e, indubbiamente, si è più inclini a immaginare visi sorridenti e sguardi affettuosi sentendo parlare di una belle-mère piuttosto che di una suocera.

Noi (io e lo chef) siamo stati fortunati in quanto a belle-famille, possiamo permetterci di parlare affettuosamente dei rispettivi beaux-parents e di condividere con loro momenti piacevoli. Non capita a tutti, lo so, ma siamo sicuri che la lingua italiana non ci metta lo zampino in negativo rendendo questi rapporti più formali? Francese a parte, in molte lingue straniere i legami con la famiglia acquisita sono definiti partendo dalla stessa radice linguistica usata per riferirsi alla propria. Di fatto si aggiungono al proprio lessico un padre, una madre, vari fratelli o sorelle e sono convinta che questa scelta stilistica impreziosisca inconsciamente le relazioni.

Quindi, nonostante l'amore per la mia lingua e la consapevolezza delle sue nobili radici, mi sento di sostenere la poeticità francese e ho deciso di far diventare tutti i parenti più 'belli' con il solo utilizzo del vocabolario! Vive la France ;-)

giovedì 13 maggio 2010

Libri (ancora) e un plum cake

Forse si è intuito, mi piace leggere. Lo faccio quasi da quando ho memoria, cerco di leggere più che posso, mi lascio ispirare dalle copertine e dai consigli delle amiche, cambio spesso autori e case editrici, insomma sono un'onnivora. Le librerie per me sono un paradiso e contemporaneamente un inferno, quando devo contenere il desiderio di portare a casa un'intera pila di libri freschi di stampa.

Ieri però ero andata con due amiche in un grossissimo megastore solo (lo giuro) per comprare dei biglietti per il teatro. Facendo un giretto rilassato tra gli scaffali per il piacere di guardare, la mia attenzione e quella delle mie 'commari' di malefatte è stata subito calamitata da un totem pieno di piccoli volumi al centro dello spazio dedicato a bambini e ragazzi. È bastata un'occhiata e l'ilarità si è impossessata di noi. Per capire guardate bene la foto qui sotto e poi ne parliamo!

Io capisco che nuovi studi socio-psico-pedagogici possano aver dimostrato che è necessario essere chiari e sinceri con i bambini al fine di evitare l'insorgere di fobie più o meno razionali e prepararli ad affrontare la vita vera. Ma siamo sicuri che intitolare i teneri libriccini a loro rivolti "Emilie non ama quando sua madre beve troppo", "I genitori di Zoe divorziano" o "L'amica di Lili ha una malattia grave" sia la soluzione??? Io, personalmente, sono rimasta senza parole in un mix di shock e risate. Tant'è che alla vista di quella che definirei la pietra miliare di tutta la collezione - "Il cugino di Max e Lili si droga"- ho avuto un moto interiore e sono corsa a casa.

Ho deciso: domani andrò a presidiare la libreria e a tutti gli adulti che si avvicineranno per acquistare una copia dei libri-verità non impedirò di farlo, ma donerò un gadget che addolcisca la lettura ai poveri bimbi francesi!

Ho pensato a un plum cake ispirato a una ricetta trovata tempo fa sul sito della BBC che però non è più on line! Rispetto alla versione originale, ho aggiunto il cioccolato, che non fa mai male, e usato le mandorle al posto delle noci (ma sono interscambiabili). E' veloce da preparare, non richiede troppi utensili e può essere la soluzione perfetta per la colazione. Preparata in un pomeriggio domenicale è l'ideale per iniziare dolcemente la settimana!

Plum Cake morbido alle mandorle e cioccolato

lunedì 10 maggio 2010

Petits plaisirs

Qualche anno fa ho letto un libro di Philippe Delerm intitolato "La prima sorsata di birra e altri piccoli piaceri della vita" che descrive alcuni momenti della vita di un individuo che, seppur piccoli e legati spesso a situazioni fuggevoli, rappresentano degli istanti preziosi ricchi di piacere. Sono quei momenti che ricordiamo anche a distanza di anni, magari perché un'immagine o un odore ce li hanno riportati alla mente. Ho ripensato a questo libro l'altro giorno di ritorno dal mercato quando, felice dell'acquisto di un chilo di piselli novelli, mi sono messa pazientemente a sgranarli.

Cos'ha a che fare la mia spesa con la letteratura? Beh, proprio Delerm ricorda con nostalgia i momenti passati in cucina sgranando i piselli e si sofferma soprattutto sulle interazioni familiari cha avvenivano nel corso di quegli attimi condivisi attorno ad un tavolo. Nel mio caso si tratta invece di un piacere esclusivamente sensoriale, legato all'azione meccanica, alla pressione che il dito esercita sul baccello fino a quando quest'ultimo fa crac, aprendosi per svelare il suo contenuto. Il piacere di staccare uno a uno i piselli facendo scorrere il dito, quasi si trattasse di un gioco con le biglie. Ho pensato a quanti momenti speciali costellano le mie giornate e ne ho trovati tanti... sono fortunata! Ho deciso di condividerne cinque con voi, uno per ciascun senso.


Per il Tatto ho già detto, sono i petits pois i protagonisti. Vista: i boccioli appena spuntati della stella di Natale che, miracolosamente, è sopravvissuta al mio assente pollice verde e si prepara a vivere la sua prima estate. Udito: il rumore delle chiavi dietro la porta d'ingresso quando il mio chef torna a casa dal lavoro, prima che apra. Olfatto: il sssss che esce dalla confezione sottovuoto del caffè quando la apro (rischio di rimetterci il naso per quanto lo appiccico vicino alla linguetta). Gusto: il ripieno morbido e burroso dei macarons che si scioglie lentamente sotto il palato, un'esplosione di aromi ogni volta diversi (l'ultimo è stato il mughetto, nuovo gusto primaverile di Ladurée).

Ma cosa succede quando un gesto, per quanto piacevole possa essere, diventa ripetitivo come nel caso di una cucina professionale? Ho rivolto a qualcuno di più competente in materia la domanda e, con mia grande gioia, ho scoperto che i piccoli piaceri rimangono, sono solo più difficili da individuare. Niente petits pois da sgranare (troppo da neofita della cucina), il petit plaisir di un cuisinier potrebbe essere il seguente: riempire la planetaria con mezzo litro di panna fresca e farla partire, assaporando il dolce suono della frusta che lentamente trasforma il liquido contenuto in morbida panna. Infine, a sublimazione di questo momento, prendere con una spatola la suddetta panna montata e gioire sentendo il plaf che fa cadendo nella ciotola! I piaceri sono piaceri...non si discutono!!!

Trovare una ricetta che valorizzasse a dovere il mio personalissimo piacere di sgranare i piselli non doveva essere compito mio ma, ahimé, anche i migliori cuisinier si ammalano. Mi sono dovuta rifugiare su una classica vellutata che potesse fare degna compagnia a un riso in bianco senza scatenare troppe gelosie alimentari.


Vellutata di piselli
Ingredienti
  • 250 gr piselli sgusciati
  • 1/2 lt brodo di pollo o vegetale
  • 1 cucchiaio da tavola di formaggio fresco tipo Philadelphia
  • 1 cucchiaino da thé di erba cipollina tritata
  • 1 fettina di salmone fresco o affumicato tagliata a listarelle (opzionale)
  • sale, pepe bianco
Sbollentare 5 minuti in acqua bollente salata i piselli, scolarli e privarli della buccia (se sono molto teneri si può evitare di sbucciarli). In una casseruola fare riscaldare il brodo, aggiungere i piselli e proseguire la cottura per circa 10 minuti. Frullare con un frullatore ad immersione o, per una crema più omogenea, passare al passaverdure e rimettere sul fuoco affinché la vellutata riduca, raggiungendo la consistenza desiderata. Regolare di sale e pepe.

Servire in una fondina, aggiungendo poco prima di portare in tavola un po' di formaggio fresco, una spolverata di erba cipollina e qualche listarella di salmone. Consiglio di usare quello affumicato quando la vellutata è servita tiepida o fredda, usando invece quello fresco per la vellutata calda.

martedì 4 maggio 2010

Le lenticchie della Rentrée

L'anno scolastico francese è costellato di vacanze, almeno così mi sembra. Oltre alle canoniche vacanze estive e natalizie, le scuole chiudono per quindici giorni a cavallo di ottobre (Vacances de la Toussaint), tra febbraio e marzo (Vacances d'hiver) e a fine aprile (Vacances de printemps). Spesso insieme a bambini e ragazzi vanno in vacanza anche i genitori - non chiedetemi come possano farlo... - quindi queste settimane rappresentano un momento di stacco importante nella vita di tutta la famiglia. Da qui l'origine di un fenomeno sociale che mi affascina: la Rentrée.

Letteralmente vuol dire rientro nel proprio luogo di residenza e comporta il ritorno alla normale vita quotidiana. Personalmente trovo la Rentrée un'abile manovra di marketing sociale, se così si può definirla. E' fisiologico che dopo qualche mese di lavoro e/o di scuola ci si senta stanchi e demotivati. Una pausa rinfranca lo spirito, ridona senso al proprio trantran e poi...zac, la Rentrée! Questa semplice parola fa molto di più d'interminabili sessioni di automotivazione, crea un nuovo punto di partenza e prospetta obiettivi a breve termine da raggiungere che, inevitabilmente, sembrano più facilmente a portata di mano. Un ardore inaspettato s'impossessa di grandi e piccini, volti abbronzati e sereni tornano a passeggiare per gli arrondissement...ah la Rentrée!!!

Non so ancora se quest'abile trovata funzioni solo sulla psicologia dei cugini francesi, noi quest'anno abbiamo saltato le Vacances de printemps perché lo chef lavorava (in fin dei conti i bisogni alimentari di parigini e turisti non si fermano). Indirettamente però una leggera ventata d'ottimismo mi è arrivata. Pertanto, vuoi l'aria estiva delle scorse settimane, vuoi il pensiero che il prossimo stacco sarà quello che mi porterà in Italia, ieri - Il Giorno della Rentrée - sono andata a fare un minimo di spesa per preparare una cena dai sapori e profumi estivi. Avevo già in mente un'insalata colorata piena di quei verdi variopinti che saziano gli occhi ancor prima del palato, ma non essendo giornata di mercato ho dovuto dirottare la mia passeggiata sul supermercato della porta accanto. Orrore!!!!

O dalle vacanze è rientrata in città un'orda di barbari, o improvvisamente la Francia è stata minacciata dagli alieni e io non ne sapevo niente. Sconsolatissima, ho alzato gli occhi al cielo e anche il meteo mi è sembrato coerente con i miei sentimenti: temperatura in picchiata (-15 gradi rispetto alla media della scorsa settimana) e una fastidiosissima pioggia (la classica assuppaviddanu). Risultato? Ho ripiegato su quanto già presente in dispensa e ne è venuta fuori una zuppa di lenticchie lastminute che ha riscaldato la serata e soddisfatto le pance.

Oggi però torno al supermercato, forse è il caso di iniziare le scorte per la prossima Rentrée.

Zuppa di lenticchie

sabato 1 maggio 2010

Soluzioni

Eccovi le non troppo complesse soluzioni all'enigma dell'ultimo post: i classici della cucina italiana reinterpretati secondo la moda del "descrivi e nobilita".

Si trattava, come argutamente hanno indovinato alcuni di voi, della Bagna Cauda (o Bagna Caôda) piemontese, della Pasta alla Norma siciliana, dei Saltimbocca alla Romana e della Colomba Pasquale. Insomma un ricco menù per celebrare la cucina dello stivale da Nord a Sud!

Buon Primo Maggio a tutti voi da una Parigi un po' nuvolosa, da cui vi mando virtualmente dei piccoli mazzi porta fortuna di mughetto, in Francia il fiore simbolo di questa giornata di festa.