In principio l’insalata era un semplice contorno, cui era destinato il compito di accompagnare – senza nemmeno pensare di sovrastare – la portata principale. Lontana dalla “nobiltà” delle patate che nelle loro molteplici varianti si erano ritagliate uno spazio ben definito in menù di ogni sorta (da quelle arrosto al fianco di importanti arrosti, alle più informali french fries, da mangiare con le mani, senza farsi mancare alla fine il piacere di leccare le dita appicicaticce di sale), l’insalata stava lì timida, concedendosi un momento di protagonismo solo in occasione di commensali particolarmente salutisti o in balìa di mortificanti diete.
Poi venne il tempo delle insalatone che, con buona pace dei linguisti e di tutti coloro che come me sentivano un brivido lungo la schiena al solo sentirle nominare, invasero i menù di ristoranti, bar, tavole calde. Principi compositivi delle insalatone zero, il criterio era: più ce n’è, meglio è! Uova, tonno, mozzarelline, tocchetti di wurstel spuntavano festosi tra foglie di lattuga e fettine di pomodoro letteralmente provate dal peso degli ingredienti che le accompagnavano… con buona pace di nutrizionisti & co.
Il 2017 l’insalata si è evoluta, ve ne siete accorti? Provate a fare un giro su Instagram o Pinterest e cercate power bowl, decine di migliaia di immagini colorate invaderanno il vostro schermo. Colorate, ricche, fresche. Sono questi i 3 aggettivi che mi vengono subito in mente se dovessi descriverle, ai quali si potrebbe anche aggiungere senza timori sane. Perché se l’insalata originaria era un po’ scarna e tristanzuola, l’insalatona opulenta e irrazionale, la power bowl è ragionata ed equilibrata.