martedì 18 febbraio 2014

Ce la facciamo una carbonara?


Coraggio in cucina è anche presentare un piatto della tradizione”.

Così uno scapigliato Luciano Monosilio ha concluso lunedì scorso il suo intervento al Food Experience, dopo averci mostrato senza troppi orpelli e giri di parole come cucina la carbonara.

Mi ero preparata a un intervento moderno, a vedere usare tecniche strane, sifoni e sottovuotatrici per esempio. Avevo già nel cassetto un paio di domande su tradizione e innovazione (alcune anche un po’ cattivelle che mi avevate suggerito voi) e invece mi sono trovata spiazzata dall’apparente semplicità di uno chef che arriva, cucina e se ne va.

In realtà la carbonara è meno semplice di quanto si pensi, ma per Monosilio non ci sono segreti o magie, solo accortezze da seguire per preparare un buon piatto della tradizione che, per la sua stessa natura, avrà sempre mille interpretazioni, mille diverse voci pronte a levarsi al grido di “non si fa così”.

Io però qualche appunto mentre lo chef cucinava l’ho preso e stasera lo condivido con voi: prendetela non come LA carbonara ma come una carbonara da provare perché ne vale la pena, credetemi.



Partiamo dagli ingredienti:

- spaghetti (formato non discutibile secondo Monosilio) che vanno cotti il giusto, non troppo ma neanche eccessivamente al dente;
- 1 tuorlo d’uovo a testa;
- pecorino romano e parmigiano (2/3 del primo, 1/3 del secondo);
- guanciale;

Gli spaghetti li cuocete in abbondante acqua non salata. Lo chef ci dice che ha fatto questa scelta per compensare la sapidità del condimento; capisco, ma sinceramente io una puntina di sale nell’acqua la metterei lo stesso.

La più marcata differenza nella preparazione la fa il condimento. Il guanciale, tagliato grossolanamente a cubetti, va fatto rosolare in padella antiaderente in modo che perda parte del suo grasso e diventi ben croccante all’esterno. Il tuorlo viene lavorato con una frusta con pecorino e parmigiano grattugiato in una ciotola capiente e, una volta che saranno ben amalgamati, si aggiungerà parte del grasso rilasciato in padella dal guanciale (non avevo mica detto che era una carbonara light!).


Pronti gli spaghetti, la mantecatura avverrà nella stessa ciotola in cui sono stati mescolati tuorlo, formaggi e grasso e sarà fatta a bagnomaria in modo da mantenere caldi gli spaghetti senza cuocere l’uovo, ottenendo una carbonara cremosa.

Non fa una piega vero? Certo, Monosilio non ha rivelato le dosi di parmigiano e guanciale ma credo che con un po’ di tentativi si riesca a trovare il proprio mix perfetto. Io posso testimoniare che una carbonara così ben legata senza essere “strapazzata” non l’avevo mai mangiata, quindi merita il bis casalingo.


E così anche quest’anno Identità Golose è andata, con la sua golosa intelligenza. Non ho seguito tutto ciò che avrei voluto e mi rammarico di non poter tracciare un personale bilancio come nelle passate edizioni. Rimane, per chi come me gravita intorno al mondo della cucina professionale pur non facendone parte al 100%, un’imperdibile occasione di formazione e confronto. È forse l’unico momento in Italia in cui c’è la possibilità di sentir parlare chef provenienti da mondi ed esperienze così diverse e io cerco sempre di approfittarne il più possibile.

Mi sono quindi seduta la mattina presto nella sala di Identità di pane per ascoltare Corrado Assenza raccontare della cultura materiale del popolo siciliano che sta alla base della sua ricerca come pasticciere e panificatore. Assaggiando la sua brioche ho ritrovato la mia terra e intuito perché, come afferma Assenza, il buono può andare a braccetto con il sano.


Ho aspettato con trepidazione l’arrivo di Jean François Piège e mi sono stupita nel vederlo cucinare (così poco chef-star come invece immaginavo fosse) e raccontare la sua cucina emozionale, quell’intelligenza che sta nel saper emozionare i propri clienti attraverso un piatto. Di Piège non ho assaggiato nulla ma, mentre nell’aria si espandevano gli effluvi della sauce poivrade, sono ritornata nella mia minuscola cucina parigina, ai profumi della “nostra” cucina francese. Beh questa sì che è cucina emozionale.


Ho però fatto fatica a trovare in alcuni casi un reale legame tra il tema del congresso e gli interventi ascoltati, così come ho avuto la sensazione che la presenza degli chef stranieri non sia stata sufficientemente sfruttata, ingabbiata tra i tempi (leeenti) della traduzione simultanea e una platea non sempre reattiva alle novità. Peccato, speriamo sia un aspetto sul quale gli organizzatori rifletteranno per le prossime edizioni.

*Tutte le foto di questo post sono state scattate con il mio Iphone, molte le trovate sul mio profilo Instagram @lafemmeduchef

5 commenti:

  1. apperò!!! quante delizie! :)
    http://duecuoriinpadella.blogspot.it/

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  2. Bbbuonaaa!!! Oggi la provo!!!
    Un Award per te sul mio blog! :-)
    http://profumodipancake.blogspot.it/2014/03/premio-versatile-blogger-award.html

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